Testimonianza di Agostino Poletto, Direttore Generale, Pitti Immagine 

Penso di aver conosciuto Sergio Perrero al Pitti Filati del 2003.

Ma ho avuto modo di conoscerlo un po’ meglio proprio quell’anno, in febbraio, allarma edizione di una nostra nuova manifestazione, Vintage Selection, dedicata all’abbigliamento, agli accessori e agli oggetti di modernariato. 

Era una delle prime manifestazioni che organizzavo alla Stazione e Leopolda.

Al centro dell’area della mostra – il progetto di allestimento lo curava Paola Navone – c’era un installazione di Sergio perrero: vecchi tappeti e coperte trasformati, decorati e dipinti davano vita e invenzioni originali, colorate, calde, sorridenti. Cappotti militari, anche quelli dipinti, erano diventati le stoffe per maxi lampade e comodi divani dove il pubblico sedeva nello spazio relax del salone.

In quello stesso spazio, gli studenti del Polimoda levavano poi messo in piedi un vero e proprio laboratorio artigianale che era in effetti una live performance (il titolo era “Textile Orchestra”): durante i tre giorni della manifestazione, schierati su una gradinata con le loro macchine da cucire, rielaboravano materiali e accessori d’epoca provenienti da India e Marocco, creando lì per lì oggetti che venivano poi messi in vendita al pubblico.

Ecco, in triangolo con due forme di design creativo – quello di Paola per la mostra, quello dei ragazzine Polimoda – all’insegna di un’idea allora del tutto nuova del vintage, non museizzato ma personalizzato, riciclato, tradotto, rivisitato attraverso la fantasia e un gusto contemporaneo, credo che Sergio si sia trovato benissimo ed abbia espresso al meglio la sua grande sensibilità.

Già quando lo avevo incontrato per spiegargli il progetto, vedevo che i suoi occhi correvano avanti. E durante l’allestimento notai come le sue mani erano capaci di disegnare segni densi di materia e di colore ancora prima di vederne la forma compiuta…

Una creatività generosa, piena di energia, difficile da classificare quella di Sergio Perrero. Ce la mostrò tutte le volte in cui avemmo l’occasione di lavorare ancora insieme a lui.

La sua straordinaria arte tessile non era solo una questione di estetica, ma un viaggio attraverso il tempo, un modo per dare vita ai filati, trasformando il nuovo per rianimare il vecchio e l’usato. La sua presenza era un enigma: appariva all’improvviso e scompariva altrettanto misteriosamente, come un artista libero da ogni confine.

Le testimonianze

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